TESTI (lyrics) MODIR MIN

MODIR MIN

Móðir mín í kví, kví,
kvíddu ekki því, því;
ég skal ljá þér duluna mína
duluna mína að dansa í,
ég skal ljá þér duluna mína
duluna mína að dansa í.

L’ORO

Voci fuori campo:
“Non sei del mio Paese? A calci in culo al tuo Paese”, “…un paese civile”, “io lavoro per trecento euro?! ma non è una questione – capisci?- di razzismo, perché (guardi) nono mi sembra (guardi) che gli Italiani siano razzisti”, “viviamo sullo stesso (e certo!) carrello”
Buongiorno amore,
buongiorno amore ho fatto un sogno,
c’eravamo io e te.
Ho fatto un sogno amore,
eravamo un po’ più vecchi,
ma eravamo io e te.
E viaggiavamo su
un mezzo pubblico blindato,
seduti fianco a fianco.
E tu eri stanco,
forse eri preoccupato,
guardavi i finestrini.
E anch’io guardavo fuori,
oltre la feritoia,
intravedevo la città.
C’erano guardie armate,
davanti ad ogni porta
e tutti avevano paura.
Voci fuori campo:
“Viviamo sullo stesso carrello”, “I diritti che abbiamo noi li hanno anche gli stranieri, uguali”, “ci rendiamo conto?!”. “Non sei del mio Paese? A calci in culo al tuo Paese”.”Che li fate valere, perché ci sono questi diritti , per gli Italiani e stranieri. Non parlo per te eh!”, “Si può sbattere la saccoccia”. “Non sei del mio Paese? A calci in culo al tuo Paese”, “viviamo sullo stesso carrello”, “”Ci rendiamo conto?!”.

Buongiorno amore,
buongiorno amore, ho fatto un sogno,
c’eravamo io e te.
Ho fatto un sogno amore,
c’era intorno un grande muro
e c’eravamo io e te
Ed eravamo
continuamente controllati,
in ogni movimento,
e tu eri stanco,
forse eri preoccupato,
guardavi quei bambini.
E anch’io guardavo preoccupata
gli occhi di quei bambini.

Non sei del mio Paese, a calci in culo al tuo Paese”

E anch’io guardavo preoccupata
gli occhi di quei bambini.

Ci rendiamo conto!?”, ” No, guarda, io non sono razzista, addirittura mio cugino è sposato con una Rumena”, “viviamo sullo stesso carrello…”

NEL GIORNO DI NATALE

Saremo tristi e stanchi,
o forse lasceremo
scorrerci tutto addosso
nel giorno di Natale?
Chissà se poi saremo 
ancora insieme,
svegliarci con un bacio
nel giorno di Natale?

Avremo forza e voglia
di stare ancora bene,
cucineremo insieme,
nel giorno di Natale?
Chissà se poi usciremo,
sorrisi sulle labbra,
o forse canteremo
nel giorno di Natale?

E come dentro quelle palle di vetro,
che se le giri fai cadere la neve,
viviamo chiusi come tutti gli altri,
che non conoscono né guerra, né fame.
Se ci guardiamo molto bene negli occhi,
che sono quelli di animali impazziti,
i nostri occhi, come schegge di specchi,
riflettono vuoti infiniti.

CREATURA DI RABBIA

A chi daremo poi la colpa?
Non sono stata mai capace
di dare nome, dare forma
ad un tormento che è di brace.
E mentre tasto e tasto le catene
e disperata cerco l’anello che non tiene,
tu gridi, sputi, scalci e maledici
perché noi non saremo mai felici.

Non ti sai abituare a questa gabbia
mia adorata creatura di rabbia.
Non ti sai abituare a questa gabbia
e scavo, scavo, scavo nella sabbia.


Non ci sarà una ricompensa,
un premio per questa fatica,
per tutto quanto il tempo perso,
nessun riscatto o seconda vita.
E mentre tento e tento queste mura
ed ostinata cerco un buco una fessura,
tu gridi, sputi, scalci e maledici,
perché noi non saremo mai felici.

Non ti sai abituare a questa gabbia,
mia adorata creatura di rabbia.
Non ti so abituare a questa gabbia
e scavo, scavo, scavo nella sabbia.

Non mi so abituare a questa gabbia,
mia adorata creatura di rabbia.
Non ti sai abituare a questa gabbia
e scavo, scavo, scavo nella sabbia.

Non ti sai abituare a questa gabbia
mia adorata creatura di rabbia.
Non mi so abituare a questa gabbia
e scavo, scavo, scavo nella sabbia.

Non ti sai abituare a questa gabbia
mia adorata creatura di rabbia.
Non mi so abituare a questa gabbia
e scavo, scavo, scavo…

RESILIENZA

Sapevo che sarebbe arrivato
il momento di fare tutti i conti,
con i fantasmi del passato.
Non si attraversa il fuoco indenni,
qualcosa se ne va nel fumo
e lascia dietro odore di bruciato.
Non può proteggermi quella qualità speciale,
che ho rivisto dentro gli occhi del mio cane,
quella forza che non puoi arrestare
delle donne di Kobane.

Così riapro porte chiuse a chiave
e scatole in cui ho custodito
i ricordi che mi fanno male.
E trovo gli anni che ho trascorso sola,
mia nonna che cuciva in una stanza,
senza dire una sola parola.
Mi proteggeva quella qualità speciale
di chi dal niente è in grado di inventare,
quella fede che non può crollare,
in un futuro migliore.

E trovo la fatica estenuante
di crescere e difendere il mio tempo,
di cui a nessuno importava niente,
ed i rimorsi, i ricatti, i tradimenti,
comprendere che, poi, anche l’amore
è un elemento ininfluente.
E mi ha protetta quella qualità speciale
del fiore che si gira verso il sole,
quella curiosità essenziale
di chi impara dal dolore.

Tu non andare via,
oh mia dolce, bambina mia.
Tu non andare via.
Tu non andare via,
oh mia dolce, bambina mia.
Tu non andare via…

ELECTIVE TEST

Il primo stava in posa, 
per essere osservato da vicino, 
si flesse e si girò da ogni lato,
per essere scrutato per benino.
Il secondo camminava
e venne registrato in un filmino,
e corse avanti e indietro, per la stanza,
e tutto fu annotato, su un taccuino.

Soggetti uno e due, al termine del test, i parametri biometrici sono stati acquisiti, massa corporea e densità ossea registrate. 
I parametri vitali sono stati misurati a riposo e sotto stress.

Per il terzo una scacchiera
fu messa sopra un bianco tavolino,
e fece le sue mosse, vinse sempre,
e venne rilasciato un bollettino

Il soggetto numero tre si è dimostrato collaborativo. Buona la predisposizione a rapportarsi con oggetti a lui familiari, anche in assenza di uno scopo evidente.

Per tutta la durata del test, si rileva uno stato di euforia automotivante, che spinge il soggetto a continuare a compiere azioni compulsive, prive di un qualsiasi effetto significativo.

Poi tornarono a casa,
li portarono indietro
e non seppero mai, non seppero mai.
Non si videro più,
ma si scrivevano spesso,
quasi ogni giorno, sui social network.
Poi tornarono a casa,
li portarono indietro
e non seppero mai, non seppero mai.
Non si videro più,
ma si scrivevano spesso,
quasi ogni giorno, sui social network.
Poi tornarono a casa,
li portarono indietro
e non seppero mai, non seppero mai.
Non si videro più,
ma si scrivevano spesso,
quasi ogni giorno, sui social network.

IL BUSINESS DEI PRIMATI

Quello con la giacca canta al karaoke,
ma è evidente a tutti che ha un certo stile.
C’è il folksinger ‘mericano che lo guarda male,
mentre il rapper casertano spara le sue rime.
Il gruppo metallaro ha scritto quattro pezzi,
li prova da dieci anni due volte a settimana.
Il cantautore vecchia scuola canta di puttane,
il cantautore nuova scuola canta cono gelato.

E ho come l’impressione di arrivare tardi,
di essermi persa un quid fondamentale,
se tra tutte le musiche suonate,
oggi vince il balletto del primate.

E ho come l’impressione che arrivare tardi,
potrebbe non essere il più grave errore,
e tra il pubblico tutti preparati
che si  balla la danza dei primati.

La cantante dance, con il suo addetto stampa,
cerca qualche gancio per passare avanti,
ché in questi anni di gavetta
ne ha già fatta tanta,
ché aveva un singolo 
in classifica negli anni ’80.

E ho come l’impressione di arrivare tardi.
Potrebbe non essere il più grave errore.
Gli altri sono già tutti preparati,
per entrare nel business dei primati.
E ho come l’impressione di arrivare tardi,
Potrebbe non essere il più grave errore.
Gli altri sono vestiti e pettinati,
per entrare nel business dei primati.

Oh Frè c’è la cantautrice che t’appalla con le mille storie che nessuno mai capisce, non colpisce, non ferisce, innocua come il tè infrè. Io non ho mai chiesto un cazzo, né una mano, faccio dissing e col tubo cago grano. Bella non fai cash, vecchia come i Clash, di Napoleone c’hai soltanto la fottuta presunzione.

E ho come l’impressione di arrivare tardi.
Potrebbe non essere il più grave errore.
Gli altri sono già tutti preparati,
per entrare nel business dei primati.

LA BALLATA DELLA MODA (L. Tenco)

Era l’autunno e il cameriere Antonio
Servendo a un tavolo di grandi industriali
Sentì decidere che per l’estate prossima
Sarebbe andata di moda l’acqua bluLoro dicevano che bastava fare
Una campagna di pubblicità
Mettere in ogni bar un po’ di bottigliette
Ed il successo non poteva mancareAntonio tra sé rideva
Ahahah ahahah
Diceva: “Me ne infischio della moda
Io bevo solo quello che mi va”Venne l’inverno e Antonio vide al cinema
Cortometraggi con bottiglie d’acqua blu
Fotografie sui muri e sui giornali
Di belle donne che invitavano a provarlaIn primavera già qualcuno la beveva
E pure lui un giorno a casa d’un amico
Dovette berla perché quello imbarazzato
Gli disse “Scusa ma non m’è rimasto altro”Antonio però rideva
Ahahah ahahah
Diceva: “Me ne infischio della moda
Ma in mancanza d’altro bevo quel che c’è”Venne l’estate ed in villeggiatura
Antonio aveva sete e non sapeva cosa bere
In ogni bar dove chiedeva un dissetante
Manco a farlo apposta gli servivano acqua bluLe prime volte lui si era opposto
Ma poi pensò: “Ma chi me lo fa fare?”
E da quel giorno a poco a poco si abituò
Un mese dopo non beveva altroAntonio però rideva
Ahahah ahahah
Diceva: “Me ne infischio della moda
Ma bevo questa bibita perché mi va”Ora è l’autunno, Antonio è all’ospedale
Intossicato perché beveva troppo
E per servire quel tavolo importante
S’è fatto sostituire dall’amico PasqualeStan decidendo per la prossima moda
Un pantalone a strisce gialle e nere
Basterà fare una gran pubblicità
Farlo indossare da qualche grande attorePasquale tra sé sorride
Ahahah ahahah
E dice: “Me ne infischio della moda
Io porto solo quello che mi va”Ma io vedo già Pasquale
Ahahah ahahah
Chissà come starà male
Con i pantaloni a strisce gialle e nere

SOLO SPAZIO

Dov’è che mi aspetti,senz’altra risorsa
che un pugno di mosche?
E sul tuo taccuino,annoti domande,
cancelli risposte.
Lasciamola stare la santa ragione
a chi ha spazio sul petto
per molte medaglie,per pochi carezze.
Dov’è che ti aspetto?

Dov’è che ti cerco,che abbiamo smarrito
anche il capo del filo?
E nel labirinto ho fatto la tana,
creato un giardino,
e acceso un gran fuoco,mi volto di colpo
e mi par di vederti,
ma forse era un’ombra stagliata sul fondo.
Dov’è che mi cerchi?

Non ti domandare dove andiamo,
questo è solo spazio, è solo spazio,
non è il vuoto che attraversiamo.

Non ti domandare dove andiamo,
questo è solo spazio, è solo spazio,
non è il vuoto che attraversiamo.

Quand’è che mi ascolti, che questa distanza
disperde ogni suono?
Il poco che intendi a stento ti giunge
da molto lontano.
Ed è molto strano, se tendo la mano,
io sfioro il tuo volto,
ma, quando ti chiamo, tu credi sia il vento.
Quand’è che ti ascolto?

Quand’è che ti parlo, che stringo la bocca
ed in mezzo ai molari
mi stritolo il senso e macino frasi
in sillabe fini?
Noi forse i pensieri più veri sappiamo
soltanto cantarli
e farne il racconto di vite di altri.
Quand’è che mi parli?

Non ti domandare dove andiamo,
questo è solo spazio, è solo spazio,
non è il vuoto che attraversiamo.
Non ti domandare dove andiamo,
questo è solo spazio, è solo spazio.